domenica 14 maggio 2017

TRADIZIONE PITAGORICA



Dopo la morte di Orfeo la Grecia visse anni di guerre e rivoluzioni; Orfeo era stato la luce in una Grecia nascente e alla sua morte piombò l’oscurità.
I manoscritti e i templi orfici furono dati alle fiamme dai tiranni della Tracia, la sua dottrina fu mantenuta in una labile luce dai suoi iniziati; tra i quali spuntano anche i nomi di Pitagora e Platone. I sofisti e i rétori vedevano in Orfeo solo una leggenda relativa alla nascita della musica. Idea portata avanti anche ai giorni nostri.

Gli iniziati vedendosi decimati ordinarono il “silentium” pratica iniziatica mantenuta ancor oggi dagli ordini tradizionali, di non rivelare mai il nome dei loro iniziatori.
Animati però dalla volontà di non far morire tutto il corpus orfico, si ingegnarono di creare due scuole, una esoterica- riservata agli iniziati- l’altra essoterica- aperta a tutti-, entrambe le scuole esponevano la stessa verità, in forme diverse, in base alla capacità dello studente.
Questi furono gli impulsi della nascita della nuova Grecia, i suoi tre secoli di Arte, poesia e architettura. Da qui nascono le 7 arti liberali.
Le arti liberali costituiscono i due gradi d’insegnamento, uno letterario che conteneva la grammatica, la retorica e la poesia, l’altra scientifica che conteneva la matematica, la geometria, la musica e l’astronomia.

Pitagora fu maestro della Grecia laica a differenza di Orfeo che lo fu per quella sacerdotale.
Pitagora intuì la sintesi perfetta fra la scienza e la spiritualità, ponendo l’uomo al centro in una stretta relazione fra la coscienza permanente e la natura impermalente, dimostrando così la valenza della sua filosofia.
La scienza che si scriveva con la S maiuscola, si occupava soprattutto di matematica, di fisica e di teologia. Per teologia non intendiamo un corpus religioso ma soprattutto ciò che viene chiamato Ente emanante una forza creante e inconoscibile che può essere solo vissuto tramite la gnosi.
Questa filosofia era poggiata su tre pilastri separati, ma uniti sotto gli auspici del’ente emanante. I pilastri rappresentano il rigore scientifico, l’amore per la sapienza e l’etica morale dell’uomo verso l’ente emanante e la natura.
La fortuna di Pitagora è dovuta ad una intera epopea storica. Contemporaneamente in altre culture e continenti  comparvero discipline analoghe: troviamo Lao-Tzu del taoismo in Cina e Buddha in India. Queste culture non s’incontrarono mai, solo con la ricerca storica e con lo studio comparato si possono verificare queste realtà storiche. Questo possiamo intenderlo come lo spirito del tempo. La loro missione tendeva ad uno scopo comune e lo dimostra come, in determinate epoche , una stessa corrente spirituale pervada misteriosamente l’intera umanità. Corrente che proviene da uno spirito che risveglia lo spirito del profondo celato nel cuore dell’uomo.

Pitagora dai 18 anni in poi frequentò tutte le maggiori scuole filosofiche del suo tempo, da Talete ad Anassimandro. Questi maestri gli aprirono diversi orizzonti, ma era profondamente turbato dalle contraddizioni delle cose.
Pitagora sentiva sotto di sé, intorno a sé la Terra- Madre, la Natura ed era ciò che voleva penetrare.
La natura  gridava fatalità mentre il cielo diceva provvidenza, era questa la dicotomia che aveva appreso da scuole differenti e apparentemente inconciliabili che provoca immenso dolore, follia e schiavitù all’uomo.
In cuor suo s’innalzò un grido formidabile dalla sua anima che sussurrava libertà. Ponendosi la domanda di chi avesse ragione, si rese conto che tutte e tre e parti l’avevano e ognuna di essa dominava nella sua sfera di appartenenza. Meditò per molto tempo su questo dilemma percependo l’ordine intrinseco di tutte e tre le sfere, ma gli sfuggiva la sintesi dei tre mondi, intanto però gli venne una parola: Cosmo.
Pronunciando quella parola s’imbatte nel tempio di Demetra e la sua facciata, e contemplando- la base, le colonne e il frontone triangolare-  nella sua interezza vide che la sintesi era proprio li d’innanzi a sé.
Gli apparve chiara la triplice natura dell’uomo e dell’universo, del macrocosmo e del microcosmo coronati dall’unità sintetica divina anch’essa triplice.
S’accorse che li era nascosta la chiave dell’universo, in quella geometria di linee, la scienza dei numeri e la legge ternaria che governa la formazione di tutti gli esseri e la legge del 7 che governa la sua evoluzione. In quella visione vide i pianeti muoversi in armonia con i numeri sacri, vide l’equilibrio tra terra e cielo, tra la fatalità del destino e la grazia della provvidenza bilanciato dalla libertà dell’uomo.
I tre regni naturale, umano e divino si sorreggono e si determinano reciprocamente rappresentando il dramma cosmico con duplice moto ascendente discendente.
Intuì le sfere del mondo visibile che ininterrottamente avvolge e anima quello invisibile e intese la purificazione e la liberazione dell’uomo dalla fatalità del destino tramite le tre iniziazioni, e si sentì faccia a faccia con la verità.
Fu un lampo e da qui iniziò la sua strada nel voler dimostrare con la scienza ciò che la sua intuizione vide e per questo si adoperò tutta la vita sopportando fatiche immani.

Si ricordò che da piccolo la madre lo portò dal gran Ierofante del tempio di Salomone e questo disse: che “in Grecia posseggono la scienza degli dei, ma solo in Egitto si cela la scienza di Dio”.
Immediatamente si recò in Egitto. Per farsi ricevere dal faraone Amasis, Policrate difensore dei filosofi gli scrisse una lettera di raccomandazione da presentare ai sacerdoti di Menfi. Questi lo accettarono con riluttanza, poiché giudicavano i greci leggeri e incostanti, facendo di tutto per scoraggiarlo. Il giovane seppe sopportare tutte le prove con pazienza e dedizione incrollabile.
Studiò a fondo la dottrina Egizia divenendo dopo 20 anni sacerdote osirideo, integrando dentro di sé il Verbo-luce, ma no fu semplice, ad ogni passo viveva prove sempre più terribili fino a conoscere le forze occulte dell’uomo e imparare la difficile arte della teurgia.
Apprese che con la scienza dei numeri e l’arte della volontà l’uomo poteva accedere alla propria libertà interiore, e fu dunque in Egitto apprese quella panoramica che consente di vedere le sfere della vita e la scienza in ordine concentrico di comprenderne l’involuzione dello spirito nella materia attraverso la creazione cosmica e la sua evoluzione, la sua risalita verso l’unità sintetica di creazione individuale che è la nascita della coscienza.
Salvatore Parola

Nessun commento:

Posta un commento