mercoledì 27 dicembre 2017

Il Solstizio d'Inverno, considerazioni personali e appunti di studio

illustrazione di Sivan Karim
Il più buio. Il giorno del Solstizio di Inverno è il giorno più buio dell’anno. È il giorno che sancisce l’inizio della stagione invernale durante la quale il Sole tornerà pian piano a riprendere posto nelle ore del giorno.
Invero l’Inverno cos’è se non gestazione? Uno stato meditativo,  di attenta osservazione della natura in sé stessa:  nei  boschi, sotto il peso del gelo e della neve, la linfa degli alberi si ritira nei tronchi così come noi ci ritiriamo nelle nostre case. È la vita che si richiude, che si interroga, su sé stessa.

Scriveva così P. Lovecraft,  in bocca al poeta pazzo Abdul Alhazred : “Non è morto ciò che in eterno può attendere, e col passare di strani eoni anche la morte può morire.”
Nonostante la spiritualità tradizionale stia vivendo un periodo di profonda crisi, finché l’umanità avrà la minima percezione di eventi che scandiscono le dinamiche del mondo, non sarà assoggettata dal furore del caos.
“L’evento solstiziale quale momento di trasmissione di una Visione del mondo e della vita cosmicamente ordinate.” scrive Maurizio Rossi su Ereticamente.1
In un periodo come il nostro, il festeggiamento dei solstizi diventa così un impegno morale nei confronti della nostra memoria storica, in questo periodo di confusione spirituale, in cui la Chiesa ha accumulato dogmi fino a cancellare il vero messaggio del Cristo, ed ai Cercatori di Verità non è rimasto che avvicinarsi al neopaganesimo, nella flebile speranza di un contatto con il Divino attraverso l’approccio spontaneo e naturale che caratterizzava i culti europei.
Si potrebbero dire tante cose, se ne sono dette tante di cose, giustamente, sui significati, la storia, gli usi e i costumi dei Solstizi. Oltre questo il Solstizio di Inverno è un momento che va vissuto, nel proprio intimo.

Dobbiamo tornare al principio, per tornare all’Uno, tornare all’Archetipo del significato dell’evento solstiziale, ora che tutto è stato detto, tutto è stato fatto. Tornare come fanciulli pascoliani ad una purezza originaria per meravigliarci di nuovo: alziamo gli occhi al cielo e guardiamolo questo sole che risorge, che risorge nei giorni, che compie questo moto apparente lungo l’eclittica nel giorno del Solstizio. Ora che tutte le speculazioni sono state fatte, tutti i sincretismi corretti o meno, facciamoci guidare dalle stelle. Ciò che saremo oltre questo mondo è ciò che rimarrà dopo aver abbandonato tutti i nostri strumenti operativi e speculativi: risorgiamo dunque noi stessi in questo Solstizio come in tutti gli altri a venire, perché i tempi del mondo sono i tempi dell’uomo.
Facciamoci noi stessi Mithra, guerrieri, nasciamo dalla pietra e uccidiamo le forze taurine che ci vorrebbero assoggettati a questo mondo materiale.
Facciamoci Dioniso, attraverso l’ebbrezza della vita, abbiamo  il coraggio di perdere il controllo per portare in superficie le nostre parti più buie, facciamoci possedere dall’ “enthousiasmos” e frammentiamoci nelle  nostre mille maschere fino a che non rimanga la nostra vera essenza.2
Facciamoci infine Cristo, e amiamo, amiamo oltre ogni modo, identità.  Amiamo oltre ogni confine, razza e religione. Perché la tradizione del Cristo è la tradizione dell’amore, e chi si ferma alle differenze tra sé e l’altro percorre la via dell’odio. Amiamo sì, oltre anche chi odia, oltre anche il mondo stesso, perché come è scritto nel Vangelo secondo Giovanni (17,14):
“Io ho mandato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo”.

Sono identificazioni totali con il Dio fattosi uomo e l’uomo fattosi Dio - archetipo ricorrente, di morte e resurrezione, portatore di salvezza; è una chiamata alle armi, all’operatività portata oltre l’uomo (ubermensch): queste, le richieste dei percorsi tradizionali occidentali all’iniziato.

Come Julius Evola volle trasmetterci:

“Come Spirito, esiste qualcosa che può servire già da traccia alle forze della resistenza e del risollevamento: è lo Spirito legionario. È l’abitudine di chi seppe scegliere la vita più dura, di chi seppe combattere anche sapendo che la battaglia era materialmente perduta, di chi seppe convalidare le parole dell’antica saga: «Fedeltà è più forte del fuoco» ed attraverso cui si affermò l’Idea tradizionale, che è il senso dell’Onore o dell’onta – non piccole misure tratte da piccole morali – ciò che crea una differenza sostanziale, esistenziale fra gli esseri, quasi come fra una razza e un’altra razza.”1

Quali ultimi, silenti depositari di una conoscenza che va sbiadendosi sui libri polverosi del destino, non dobbiamo stupirci dinnanzi alla fatica né tantomeno sottrarci alla chiamata all’azione che il percorso iniziatico ci richiede.

“Militia est vita hominis super terram”
“La vita sulla terra è un eterno combattimento”1
(Libro di Giobbe 7,1 - Sacra Bibbia)

E una vita di combattimento  è una vita correttamente spesa. 
Possiate risorgere come il Sole,
vivete d'Amore e Conoscenza

Sophia

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